Diritto romano e beni di interesse pubblico
(del perché ci interessano sia le sorgenti termali che gli alberi di un viale cittadino)
Alle origini dei beni comuni
La categoria delle res communes omnium, intese come beni che non appartengono né ai privati né a una comunità, ma che sono lasciati al godimento di tutti gli esseri umani, fa la propria comparsa nel mondo del diritto con il giurista Elio Marciano, vissuto tra il II e il III secolo d.C., al quale è attribuito un passo riportato nel Digesto (raccolta di testi di giuristi romani) che ne contiene la definizione:
Quaedam naturali iure communia sunt omnium, quaedam universitatis, quaedam nullius, pleraque singulorum quae variis ex causis cuique adquiruntur. Et quidam naturali iure omnium communia sunt illa: aer, aqua profluens, et mare, et per hoc litora maris. |
Il giurista afferma che alcune cose - aria, acqua corrente, mare e litorale - sono comuni a tutti, a prescindere dall'appartenenza o meno alla civitas; altre cose sono delle universitates, cioè delle comunità cittadine, e altre ancora sono res nullius.
L'uso delle res communes omnium è limitato solamente dal medesimo diritto attribuito ad altri; esse non sono suscettibili di appropriazione individuale in via definitiva, né di gestione economica individuale, tutti ne possono trarre utilità, ma nessuno se ne può appropriare in via esclusiva.
Cicerone rintraccia nella cerimonia consacratoria, compiuta dai sommi sacerdoti a seguito dell'espresso consenso del popolo, il presupposto affinché una res divenisse sacra.
La tutela dei boschi
Presso i Romani il lucus era un bosco consacrato, dove si offrivano sacrifici e doni per favorire l'intervento di una divinità o ringraziarla di un beneficio ricevuto.
Il termine latino lucus ha una parentela etimologica con lux, esso indica in origine una radura, uno spazio nel quale il folto degli alberi si apre all'ingresso della luce.
I luci sacri non erano luoghi selvatici dove aleggiavano in modo più o meno misterioso le forze della natura. Al contrario, si trattava sempre di luoghi antropizzati, non solo perché essi erano talvolta contigui a edifici destinati al culto, ma anche perché il lucus era comunque sottoposto a manutenzione, per lo più per mano o su incarico dei sacerdoti.
I boschi sacri erano tutelati da leggi, come testimonia la Lex luci spoletina riportata su due cippi databili al III secolo a.C. rinvenuti nel territorio di Spoleto.
LEX LUCI SPOLETINA
HONCE LOUCUM - NEQUE VIOLATOD - NEQUE EXVEHITO - NEQUE EXFERTO QUOD LOUCI SIET - NEQUE CEDITO [...] Nessuno violi questo bosco, né alcuno asporti su carro o a braccia quello che al bosco appartiene, né si tagli… |
Un bosco sacro con sorgenti curative: il Lucus Pisaurensis
Il santuario di Lucus Pisaurensis era situato in località Santa Veneranda, presso Pesaro (Pisaurum), dove fino agli anni Sessanta del Novecento si trovavano numerose "fontanine": si trattava di sorgenti di acque fredde reputate curative, che furono poi prosciugate per il passaggio dell'autostrada nel 1963.
Il luogo di culto fu oggetto di sterri settecenteschi per conto di Annibale degli Abbati Olivieri, il quale, pur promettendo una trattazione completa della scoperta, lasciò solo pochi appunti manoscritti, dai quali comunque si evince che l'area sacra era situata sulle pendici di quello che è tuttora chiamato Colle della Salute.
Era una zona boschiva in cui, a partire dal III secolo a.C., veniva praticato un culto rivolto a più divinità.
Lucus Pisaurensis, ex voto di terracotta (Museo archeologico Oliveriano) |
Tra gli oggetti votivi si contavano moltissimi bronzetti (attualmente è possibile individuarne con certezza solamente uno, di cui lo studioso fornisce uno schizzo con la notizia del ritrovamento), molti di parti anatomiche, tra cui genitali maschili e soprattutto femminili, statue di varie dimensioni, riproduzioni fittili di animali domestici e delle loro zampe, nonché 4000 monete, che probabilmente confluirono nella cospicua collezione oliveriana senza che ne fosse registrata la provenienza.
Si può, quindi, affermare che il santuario era un centro di grande rilevanza.
Non lontano da questo sito si trovano le sorgenti termali di Carignano, nel recente passato usate anch'esse per curare problemi ginecologici.
Bronzetto votivo dal Lucus Pisaurensis (Museo archeologico Oliveriano) |
Bibliografia
- "Alle origini dei beni comuni", Paola Lambrini, 2017
- "A proposito di boschi sacri nell'esperienza giuridica romana", Antonio Banfi, 2021
- "Cura, preghiera e benessere. Le stazioni curative termominerali nell'Italia romana" pag.179, Maddalena Bassani, 2014
- "Fonti ed acque curative nell'area medio-adriatica nell'antichità", Mario Luni, 2009
- https://it.wikipedia.org/wiki/Lex_spoletina