Ricerche fisico-chimiche sull'acqua salino-jodica del Tufo nel territorio fanese

Tommaso Zambonini, 1853
(Biblioteca Federiciana, Fondo Giuseppe Castellani)

All'Illustrissima Magistratura Municipale(a)
di Fano in segno di profondo rispetto e
di stima vera
Tommaso Zambonini

Queste chimiche indagini, che spoglie d'ogni pretesa si presentano al Pubblico, non ebbero altro scopo che di somministrare qualche lume su di una sorgente di acqua minerale, fra le molte del territorio fanese, le quali finora si rimasero affatto trascurate.

Furono esse istituite sulla sorgente del Tufo(b), così denominata dalla specie del terreno donde scaturisce, e che si trova nella Parrocchia di Carignano(c), lungo il rio Bevagno, la quale, per le sostanze che vi sono riscontrate, potrebbe ottenere un posto fra le acque salino-iodiche, il di cui uso è oggi cotanto esteso in medicina.

Tali esperimenti intrapresi da chi è conscio appieno della sua pochezza, cui non poterono soccorrere neppure tutti i mezzi necessarj, non aspirano al vanto della certezza, ma sibbene della sincerità, e in appoggio di questa soltanto si producono le operazioni eseguite, gli ottenuti risultati, e le conseguenze dedottene, affine, se non d'istruire, di non ingannare almeno la fede del lettore, massime dei medici, e dei medici esercenti in questa città, ai quali particolarmente offero questo risultato delle mie ricerche.

ACQUA DEL TUFO

Osservazioni Fisiche

  1. La temperatura dell'acqua del Tufo è eguale a quella dell'atmosfera o poco al disotto.
  2. Il peso specifico confrontato con l'acqua stillata ad eguale temperatura, questa fatta == 1000 quella del Tufo è == 1017.
  3. Il colore dell'acqua, quale si trova attualmente, è torbido giallastro, perché sorge in luogo inferiore ad altre sorgenti di acque minerali marziali, le quali scolando in basso superficialmente al terreno, o trapelando sottoterra vi si mischiano. Quando però siasi vuotata totalmente la buca ove si raccoglie, e la si attinga a mano a mano che scaturisce, allora non è più colorata in giallastro, ma semplicemente torbida, per le materie terree che tiene in sospensione, le quali colla filtrazione separate, o col semplice riposo raccoltesi al fondo, lasciano l'acqua limpida, e così si mantiene inalterata.
  4. L'odore si assomiglia a quello delle piante marittime.
  5. Il sapore è salso piccante, che tiene dell'odore suddetto.

Ricerche qualitative delle sostanze fisse

  1. La carta di curcuma bagnata in quest'acqua non è volta né al rossastro né al bruno: lo che esclude in essa la presenza di alcali liberi o carbonati.
  2. La soluzione di potassa caustica versata nell'acqua non bollita vi produce intorbidamento, e maggiore ve lo produce nell'acqua bollita a riduzione di metà del suo peso.
    Questo intorbidamento è dovuto alla presenza dei sali terrrei, i quali cedendo i loro acidi alla potassa, le basi terree precipitano, perché poco solubili; e siccome il precipitato è maggiore nell'acqua bollita che nella non bollita, ciò sembra escludere la presenza dei bi-carbonati terrei, i quali, se vi fossero, sarebbero stati resi insolubili dall'ebollizione.
    La soluzione del carbonato neutro di potassa si diporta egualmente che la potassa caustica.
  3. L'acido solforico allungato, versato a goccie sul precipitato ottenuto dal trattamento fatto all'acqua tanto bollita che non bollita col carbonato neutro di potassa, ha prodotto effervescenza, ha diminuito il precipitato, ma non lo ha fatto scomparire totalmente.
    L'acido solforico intaccando i carbonati terrei scaccia l'acido formando solfati, dei quali parte sono solubili, e parte insolubili, almeno in quella quantità di liquido su cui si è operato.
  4. L'ammoniaca liquida vi produce intorbidamento: quando però vi è stata aggiunta la soluzione di sale ammoniaco, l'intorbidamento non ha più luogo.
    L'ammoniaca versata nelle soluzioni dei sali a basi terreo-alcaline, e terree propriamente dette ne precipita i loro ossidi. Quando però nel liquido è stata aggiunta la soluzione di un sale a base di ammoniaca, più non precipitano che gli ossidi delle terre aride; e siccome manca nell'esperimento il precipitato, così vengono esclusi i sali di queste ultime terre, e quindi di allumina.
  5. L'ossalato di ammoniaca in soluzione è stato versato nell'acqua, nella quale antecedentemente è stata aggiunta per un terzo del suo peso, la soluzione di sale ammoniaco, e si è ottenuto un intorbidamento copioso.
    L'ossalato di ammoniaca decompone i sali a base terreo-alcaline formando ossalati insolubili. Se però avvi [vi è] la presenza nel liquido di un sale a base di ammoniaca, allora precipitano soltanto quelli di calce allo stato di ossalato. 
  6. Nell'acqua passata per filtro dopo averla trattata, come precedentemente si è detto, col sale ammoniaco ed ossalato di ammoniaca, si è versata la soluzione di fosfato di soda e di ammoniaca, e si è ottenuto un intorbidamento marcatissimo.
    Privata l'acqua dei sali calcarei, il precipitato ottenuto dal trattamento fattole col fosfato di soda e di ammoniaca, dev'essere un fosfato di ammoniaca e di magnesia, perché l'acido fosforico del fosfato di soda combinandosi alla magnesia forma un fosfato di magnesia, che insieme al fosfato di ammoniaca precipita allo stato di sale doppio, mentre rimane in soluzione un sale di soda.
  7. Il residuo secco dell'acqua, evaporata a bagno-maria, triturato in mortaio di vetro con la potassa caustica, la quale scaccia dalle sue combinazioni l'ammoniaca, di questa non ha dato il minimo sviluppo, per quanto si può giudicare dalla mancanza dell'odor suo caratteristico, e dalla mancanza di denso bianco fumo all'appressarvi, durante la triturazione, di un poco di cotone inzuppato di acido cloro-idrico.
  8. La soluzione di percloruro di platino versata sull'acqua bollita e ridotta ad un terzo del suo peso vi produce un così lieve opalinamento che appena si scorge; mentre non si riscontra affatto nell'acqua non bollita.
    La soluzione di acido tartarico in eccesso si comporta nella stessa maniera. La soluzione di percloruro di platino forma colla potassa un sale doppio, cloruro di platino e di potassio, insolubile; e l'acido tartarico costituisce del bitartrato di potassa quasi insolubile, quando quello vi sia in eccesso; e siccome appena vi si scorge reazione, così, o non esistono sali a base di potassa, o la quantità ne è ben piccola per tenerne conto nello scopo prefisso dalle presenti ricerche.
  9. La soluzione di carbonato neutro di potassa versata sopra l'acqua per separarne i sali a basi terree allo stato di carbonati insolubili, questi si sono trovati in piccolissima quantità a confronto del residuo secco ottenuto dalla evaporazione di altr'acqua in egual quantità.
    La grande quantità di sali a base di alcali in confronto di quelli a base di terre alcaline, e la mancanza fra i primi di quelli di ammoniaca e di quantità apprezzabile di quelli di potassa, porta ad ammettere grandissima la quantità dei sali di soda; locché viene avvalorato dalla forma cubica di molti cristalli ottenuti e dal loro sapore proprio del sale marino.
  10. L'infuso alcoolico di noce di galla versato nell'acqua non bollita non vi produsse cambiamento all'istante: dopo molte ore la si vide colorata in bruno sporco.
    La soluzione di prussiato di potassa non vi produsse cambiamento: quindi si ritiene non trovarvisi ferro.
  11. La carta di tornasole immersa nell'acqua appena tratta dalla sorgente non presentò cambiamento alcuno: per il che si escludono in essa gli acidi liberi solubili e gassosi.
    Alquante goccie di soluzione di acetato di piombo versate nell'acqua, appena tratta dalla sorgente, hanno determinato un precipitato bianco, il quale non si è colorato di nero. Una carta preparata con una satura soluzione del suddetto sale immersa nell'acqua, appena tolta dalla sorgente e mantenutavela per molte ore, non ha volto al nero; esperimenti per i quali non si ammette la presenza né dell'acido solfo-idrico né dei solfuri.
  12. Il residuo secco ottenuto dall'evaporazione a bagno-maria di libre tre di acqua trattato con acqua alcolizzata vi si è sciolto, tranne un piccolo residuo, il quale essendo rimasto sopra il filtro, è stato asciugato a bagno-maria per conoscerne il peso.
    Questo si è ritrovato nella quantità di grani sei e mezzo, ed esaminato si è veduto risultare di carbonato di magnesia proveniente dalla decomposizione di porzione di cloruro di magnesio, di acido silicico e traccie di materia organica.
  13. Della limatura di rame finissima è stata mescolata con porzione della materia salina tratta dall'evaporazione dell'acqua a siccità.
    Questo miscuglio si è posto nel fondo di un tubo di cristallo, e sopra vi si sono versate alcune goccie di acido solforico allungato nel doppio del suo peso di acqua: chiuso l'orificio, attentamente guardando, e ripetendo varie volte l'esperimento non si sono veduti i vapori giallognoli di acido iponitrico, come avrebbe dovuto accadere se nell'acqua esistessero i nitrati.
  14. La soluzione di cloruro di bario versata a goccie sull'acqua non bollita, bollita a residuo della metà, e sulla parte rimasta liquida allorché è stata ridotta ad un dodicesimo del suo peso non ha dato segno alcuno né di precipitato né d'intorbidamento, come avrebbe dovuto accadere se nell'acqua si trovassero solfati o carbonati.
  15. La colla d'amido diluita e mescolata con alquante goccie di acque madri, provenienti da una libra di acqua, è stata trattata con una goccia di acido nitrico; per il che subito si è manifestato nel miscuglio un marcatissimo colore violaceo dovuto alla presenza dello jodio.
  16. Operato come precedentemente si è detto, e sostituito l'etere solforico alla colla d'amido, nella quantità di un sesto del volume delle acque madri; sbattuto bene il miscuglio entro un tubo di cristallo, dopo pochi istanti di riposo l'etere si è separato, ed è salito alla superficie del liquido, colorato in giallo pallido.
    La colorazione in giallo pallido dell'etere può dipendere dalla soluzione in esso di pochissima quantità di bromo; ma siccome questo istesso fenomeno può verificarsi ben anche dallo jodio, e trattandosi di portare giudizio sopra lievi colorazioni, facili a confondersi quando questi due corpi trovansi in diluitissima soluzione eterea, così è incerto se debbasi o nò ammettere l'esistenza del bromo.
  17. La soluzione di nitrato d'argento, versata a goccie nell'acqua, vi ha cagionato un copioso intorbidamento, seguito da precipitazione a fiocchi caseiformi. L'acido nitrico non lo scioglie. L'ammoniaca liquida lo fa scomparire quasi totalmente.
    Il nitrato di argento precipita i cloruri, i bromuri, i joduri dalle loro soluzioni, formando cloruri, bromuri, e joduri di argento insolubili nell'acqua e nell'acido nitrico. L'ammoniaca che scioglie i cloruri ed i bromuri, avendo fatto scomparire quasi totalmente il precipitato, ed incerta essendo la presenza dei bromuri, se ne deduce che molti sono i cloruri.

Conclusione

  1. Dall'esposto risulta che nell'acqua del Tufo non esistono basi libere (6) e fra i sali che sogliono rinvenirsi nelle acque minerali, non contiene quelli a base di allumina (9) di ammoniaca (12) e di ossido di ferro (15); ma bensì quelli a base di soda (14) di calce (10) di magnesia (11), e forse, sebbene in piccolissima quantità, quelli di potassa (13).
    Manca la presenza degli acidi liberi gassosi (16) e fra i fissi il solo acido silicico in tenue quantità (17).
    In combinazione alle basi abbiamo soltanto l'acido cloro-idrico (22) jodo-idrico (20) e forse bromo-idrico (21) allo stato di cloruri, joduri, bromuri; mentre non si rinvengono carbonati (19), solfati (19), solfo-idrati (16), e nitrati (18).

Ricerche quantitative delle sostanze fisse

  1. Una libra di acqua, tratta dalla fonte sul finire dell'agosto dell'anno 1852, è stata evaporata in capsula di porcellana fino a perfetta siccità: il residuo ottenuto si è riscontrato in peso di grani 219(d).
  2. Determinazione quantitativa del cloro
    [omissis]
  3. Determinazione dello jodio
    [omissis]
  4. Determinazione della calce e della magnesia e quindi del calcio e del magnesio
    [omissis]
  5. Determinazione della soda e quindi del sodio
    [omissis]

Conclusione

Dalle ricerche quantitative risulta che, in una libra di acqua del Tufo, le sostanze fisse (23) vi si sono riscontrate nelle seguenti proporzioni; e cioè Cloro grani 132,02; Iodio grani 0,24; Calcio grani 7,46; Magnesio grani 1,81; Sodio grani 74,90 (25-28); e finalmente Silice, Materia organica (17), di cui si è trascurata la ricerca quantitativa, e perdita, prese insieme, grani 2,57(d).

Volendo poi mettere sott'occhio il risultato delle ricerche fatte sulla qualità e quantità delle sostanze fisse, in quello stato di probabile combinazione, che mineralizzano l'acqua del Tufo avremo i seguenti:

Specchietto riassuntivo delle sostanze fisse

Note

a) Magistratura Municipale: nello Stato Pontificio, di cui Fano faceva parte al tempo, corrispondeva all'odierna Giunta comunale.

b) Sorgente del Tufo: corrisponde alle sorgenti di acqua salsa forte, ovvero la "Bevana", che è stata impiegata come purgativa almeno fino agli anni '60. In tempi recenti non era più utilizzata, poiché risentiva delle infiltrazioni delle acque del fosso Bevano nei periodi di piena.

c) Parrocchia di Carignano: il riferimento alla Parrocchia è relativo alla suddivisione amministrativa nell'allora Stato Pontificio.

d) Unità di misura: Le antiche unità di misura italiane furono unità di misura locali in uso nel corso dei secoli nelle diverse zone del territorio italiano. Il grammo (SI) corrisponde a 20,38506 grani della libbra romana in uso nello Stato Pontificio.

Tavole di ragguaglio fra le misure e pesi dello Stato Pontificio
colle misure e pesi del sistema metrico (1857)